domenica 12 luglio 2009

Da Biban

Still #4 - Beyond me

Da Biban, sull'orlo del catino, la sera si vedono le luci della città. E se ne sentono le musiche. Si sente il canto dei muezzin di tutti i minareti, e gli ottoni di una brass band: idioti, e inconsapevoli autori della bellezza di Sarajevo.

lunedì 29 giugno 2009

Vita al quadrato

Ci sono vacanze che sono speciali. Sono quelle che parti in viaggio con gli amici, quando si forma quell'atmosfera di complicità, intimità e allegria. La gioia di stare insieme si afferra, si mangia, si beve, si fuma.

Quando le vacanze sono speciali si è in uno stato permanente di ebrezza, che non è dovuto solo alla rakja seccata a forza di brindisi. Sono anche una seduta semi-permanente di autocoscienza. Si svuota tutto. Si fanno le ore piccolissime a raccontarsi, a discutersi, a consigliarsi, a prendersi per il culo. Si cambia idea, si impara l'uno dall'altro, si spezzetta la propria identità e la propria storia in percentuali. Si fanno anche cose stupide o che non avremmo mai fatto in altri luoghi e contesti. Si ammirano le bellezze locali, per strada o dall'alto di un minareto.

Le brass band, il canto del muezzin e il silenzio nello scheletro della biblioteca bruciato dalle cupe vampe fanno da contorno, sono solo la colonna sonora, perchè quello che conta è che, per qualche giorno, si vive al quadrato. E quando si torna a casa, guardando la pista di un aeroporto o il mondo dal finestrino di un treno, si sente un bel buco nello stomaco. Come se ci avessero strappato via un pezzo di noi. Come se non avessimo davvero vissuto se non in quella settimana.

sabato 27 giugno 2009

Le memorie di Silvio

Rome, assez facile à la débauche, n'a jamais beaucoup apprécié l'amour chez ceux qui gouvernent.

M. Yourcenar - Mémoires d'Hadrien

domenica 7 giugno 2009

La vita eterna

Per il ponte del 2 giugno sono andato al Garda con Daniele. Siamo saliti sul suo furgone e... via, senza avere un percorso prestabilito, una prenotazione per la notte, dei tempi da rispettare. Avevamo, invece, tanto tempo davanti a noi e nessuno che ci corresse dietro. Penso che proprio questa sia l'essenza di una vacanza: godersi ogni istante e non dover pensare a cosa dover fare nell'attimo successivo. E' godersi la pienezza del tempo.

Credo, anche, che, quando nel vangelo, si parla di vita eterna, si intenda una cosa simile. La vita eterna è, certamente, una vita senza fine, ma è anche e soprattutto una vita in pienezza, una vita in cui ogni singolo istante viene assaporato, gustato, goduto. Magari prendendo il sole in riva al lago di Garda.

domenica 31 maggio 2009

Io scelgo democratico

Su scelgo DEMOCRATICO -via martameo- ha proposto una serie di domande ai candidati del pd per le europee. Qui ci sono le risposte di Debora Serracchiani, e qui quelle di Michele Nicoletti (le migliori, detto tra noi), candidati del nordest. Le domande sono ben scelte e riguardano -finalmente!- l'Europa.

domenica 24 maggio 2009

Il Pippo Inzaghi del Sudtirolo

Si celebra qui da noi il centenario della morte di Andreas Hofer (Andrè per gli amici). Ieri, allora, sono montato in macchina e, prima di arrampicarmi fino alla Pfandleralm, dove fu catturato dai francesi, ho fatto un salto in val Passiria al museo a lui dedicato e costruito proprio affianco del Sandwirt, la sua osteria.

Il museo mischia l'Hofer storico e quello mitologico con una buona dose di ironia e delicatezza. Godibilissimo il video introduttivo. Esilaranti gli audio delle testimonianze dell'epoca, che vengono lette imitando l'accento (francese, piuttosto che tirolese o italiano) dei loro autori. E fa riflettere come Hofer sia stato sfruttato come strumento di propaganda da tutti quelli che sono passati per il Tirolo: gli austrungarici (l'Hofer fedele all'imperatore, che poi, però, lo tradì regalando il Tirolo ai bavaresi) e le femministe (l'Hofer bravo marito che faceva i lavori di casa, anche se a me pare che fosse la moglie a mandare avanti la baracca, mentre lui si dedicava alla politica e alla borsa delle vacche), i nazisti (l'Hofer nazionalista tedesco, che, intanto, sparava ai bavaresi) e i comunisti (l'Hofer antimperialista -sic-).

Comunque la cosa più straordinaria è l'elenco degli eroi (eroi come Hofer, eroi un po' per caso, secondo i curatori del museo), nella sala delle proiezioni. Tra Gandhi ed Ercole, Toro Seduto e Daniele Manin, ci stava anche Filippo Inzaghi, detto Pippo (!).

domenica 17 maggio 2009

Non solo Veronica

In Inghilterra è scoppiato un mezzo scandalo, perchè è stato scoperto che i parlamentari di Westminster usavano i rimborsi spese a loro dovuti per rifarsi il giardino. Da noi una cosa del genere non compare nemmeno più sul giornale, un po' perchè Berlusconi ci ha abituati al peggio, un po' perchè larga parte dell'elettorato ha i suoi scheletri nell'armadio. Comunque mi interessava segnalare la presa di posizione del blog dei novizi domenicani inglesi, che sostengono:

La vocazione a responsabilità pubbliche è basata sul servizio; servire Dio, la società o gli altri uomini. Se i nostri rappresentanti perdono di vista questo e adottando l'atteggiamento perverso di fare i propri comodi, i cittadini come possono trovare autorità morale nei loro leader? Come può l'autorità, senza autorità morale, guidare la società?
Queste domande andrebbero poste soprattutto agli autoproclamatisi politici cattolici (che sono rarissimi in Inghilterra, ma abbondano da noi). Invece, troppo spesso, si chiudono gli occhi di fronte all'immoralità pubblica dei politici in cambio di finanziamenti a scuole e oratori o di favori alla Chiesa. Io mi chiedo: questi silenzi (e penso soprattutto a collusioni e corruzioni) non equivalgono a vendersi? a rinunciare al compito profetico della Chiesa per un piatto di lenticchie? o per trenta denari?

mercoledì 13 maggio 2009

Labirinti, Libertà

Martedì a visitare la mostra di arte contemporanea, a Fortezza. Visita guidata: eravamo in 4 con la guida. Il vero spettacolo sono stati proprio i miei compagni di mostra. La guida Michele, toscano, che ha parlato quasi sono in tedesco, e una ragazza di Sarentino che studia al Goldsmith con il papà.

Il papà ha fatto il militare a Varna e alla Fortezza ci andava per le esercitazioni e le feste. Ha raccontato ancora, mentre si passava nella sezione "confini-grenzen", di come via Bottai era "dei tedeschi", perchè di lì ci passava la strada per Sarentino. Sul lato sinistro della via c'era il locale "bene", il Cavallino Bianco (che c'è tutt'ora ed è sempre pieno), di fronte c'erano i locali malfamati il night Mondschein e il bar zum Pfau. Al zum Pfau ci andavo anch'io da ragazzino con la mia compagnia e non capivamo, perchè, a volte, il barista, panzuto, cattivo e proprio crucco, non ci facesse entrare, anche se il locale era vuoto. Qualche hanno più tardi l'hanno chiuso per droga. Passando nella cripta del Forte, dove era stato nascosto l'oro di Hitler e Mussolini, ha anche raccontato la storia secondo la quale parte di quest'oro fosse finito nella mani dell'autista sudtirolese di Mussolini, che, con i lingotti trafugati, si è comprato metà Renon. Oggi Nicoletta mi spiegava, invece, che, secondo gli italiani, una buona parte di quell'oro sia finita a Licio Gelli.

Di quello spicchio di mostra che abbiamo visto in un'ora e mezza interessante soprattutto un video. Veniva mostrata una coda ad una biglietteria di una località sciistica. Una voce dal megafono, con tono ufficiale, chiedeva ai clienti di lingua italiana di andare allo sportello 1 e a quelli di lingua tedesca di andare allo sportello 2. Tutti, o quasi, ubbidivano. Poi un missile impiantato per terra, sul quale sono dipinte immagini sacre di quelle che si trovano nelle peggiori chiese barocche. Infine una cornice, con una miriade di soldatini dorati attaccati, appesa sulla parete di una latrina o, in tedesco, plumpsklo (perchè quando cade "fa plump").

Torno in tempo per Effi Briest, al cinema (unico maschio nella sala). Sento spesso in giro lamentarsi per il degrado morale della nostra età. Ma l'uomo di oggi non è più immorale di quello di ieri. E', forse, meno ipocrita. Vengono respinte le maschere che nascondo la sostanza dei sentimenti. Questo, nonostante tutto, è un progresso.


venerdì 8 maggio 2009

Santa Margherita

A Lana, non lontana dalla chiesa parrocchiale che ospita l'altare ligneo di Schnatterpeck, c'è una piccola cappella romanica (del 1200) dedicata a Santa Margherita di Antiochia. A quanto si racconta, la chiesetta venne fatta costruire da una nobildonna ortodossa, Teofana, nel luogo in cui la sua carrozza si rovesciò, per ringraziare di essere rimasta incolume.

La cappella ha tre absidi affrescati. Quello centrale è dominato da Cristo pantocratore. In quelli laterali, invece, è narrata la storia di Santa Margherita. La chiesa è stata poi data all'ordine teutonico.

Trovo affascinante che nel cuore del cattolicissimo Tirolo si nasconda uno stupendo gioiello di spiritualità ortodossa. L'unità della chiesa è radicata nella nostra storia, più di quanto noi stessi osiamo pensare.

lunedì 4 maggio 2009

Comunali a Trento 09

Non sono esperto di cose trentine, però due cose su queste elezioni municipali vale la pena notarle qua.

1. L'udc ha preso il due e mezzo per cento. Senza di loro Andreatta avrebbe comunque vinto con percentuali chiamparinesche (il sessanta e rotti percento). Questo se lo ricordi chi ha sostenuto che il segreto della vittoria di Dellai alle provinciali sia stato proprio il partito di Casini e chi ne ha dedotto la necessità di un alleanza anche su scala nazionale.

2. Dellai e suoi figliocci hanno costruito una base di consenso impressionante. In Trentino pare esserci un blocco sociale democratico e autonomista, esteso e solido. Questo, forse, potrebbe far riflettere gli amici della SVP, che sembrano convinti che l'unico modo per mantenere il consenso sia solleticare l'etnicismo.

martedì 28 aprile 2009

Lotta e contemplazione

La lotta per gli uomini, al loro fianco, trova le sue fonti in un'altra lotta, che viene combattuta con sempre maggiore intensità nel loro intimo, là dove nessun uomo assomiglia ad un altro. Là dove siamo alle porte della contemplazione.

Lotta e contemplazione: ci lasciamo condurre così lontano, che la nostra intera vita sia tesa tra questi due poli?

Frére Roger, 1973
[mia traduzione dal tedesco]

domenica 26 aprile 2009

Elezioni europee e rappresentanza politica

All'esame-mammuth di scienza politica presi 29. Per questo vengo ancora sfottuto dai miei amici che presero tutti 30 (sebbene nessuno di loro ricordi che io lo diedi una volta sola, a differenza loro). Comunque, quello che mi fregò fu una domanda sui 5 significati di rappresentanza, argomento che avevo ritenuto troppo idiota per essere memorizzato, ma che Panebianco (sì, proprio lui. E questo spiega come mai di politica io capisca così poco) pensò bene di inserire nel questionario a risposte aperte.

I 5 significati di rappresentanza non li so nemmeno ora. Ne ricordo, però, due. C'è la rappresentanza nel senso che qualcuno (il parlamentare) va a fare le tue veci in parlamento perchè tu non hai tempo per farlo (sic!). E c'è la rappresentanza nel senso di rappresentazione, nel senso che il parlamentare che ti sei scelto è un tipo un po' come te: con i tuoi gusti, valori e, soprattutto, interessi.

Ora; le liste per le europee del pd, per usare un eufemismo, non hanno scatenato un gran entusiasmo. Da me, Altoadige-Nordest,ad esempio, faremo fatica a prendere il voto dello zoccolo duro. Ciò nonostante, pur nel mare di veneziani candidati, io tre persone che mi rappresentino (nel senso di rappresentazione) riesco a trovarle pure nella democratica lista.

La prima è Debora Serracchiani (e chi se no?), che rappresenta il militante medio del pd e che trova le migliori parole per esprimerne rabbia, amore e passione. Lei dice quello che tutti noi militanti pensiamo ed è bene che lo dica anche al parlamento europeo.

Il secondo è Michele Nicoletti. I punti a suo sfavore sono che è un professore universitario ed è trentino. Però ha il pallino della teologia politica e studia Carl Schmitt, Soren Kierkergaard e Romano Guardini. Come posso non votare uno così?

Il terzo è Vittorio Prodi, perchè qui si è un po' nostalgici (ma senza rimpianti) e Vittorio è tra i fondatori della scuola di pace di Monte Sole. Senza ombra di dubbio si tratta, quindi, di un "cattocomunista dossettiano", come me e Romano (Prodi).

Peccato che noi del nordest abbiamo solo due preferenze. Chi l'avrebbe mai detto che, da una lista del genere, avrei avuto addirittura l'imbarazzo della scelta: quale me avrà l'onore di rappresentarmi in parlamento: il militante, l'intellettual(oide) o il cattocomunista?

sabato 18 aprile 2009

Un vero rivoluzionario

Sono andato a vedere il nuovo film sul Che. Mi ha fatto una gran tristezza. Mentre lo guardavo pensavo alla fine che ha fatto Cuba e a Prima che scenda la notte.

Una frase, nel film di Soderbergh, mi ha colpito:

Un vero rivoluzionario è guidato da un grande sentimento d’amore: amore per l’umanità, amore per la giustizia e per la verità.

Ecco, era un vero rivoluzionario il Che? e i suoi barbudos? E se sì, perchè e quando hanno tradito la rivoluzione? Chi è, oggi, il vero rivoluzionario?

giovedì 16 aprile 2009

La laicità non c'entra

Quello a cui stiamo assistendo non è un vero scontro tra stato e chiesa. Ce ne fu uno vero e molto virulento durante tutto l'ottocento. Allora la questione era davvero la laicità, dove, cioè, dovessero intercorrere i confini tra il potere politico e il potere ecclesiastico. Se il Papa pubblicava sillabi e non possumus, i governi chiudevano chiese, scioglievano ordini religiosi e confiscavano patrimoni.

Ora, nonostante gli allarmismi, la laicità non è davvero all'ordine del giorno. Lo scontro di questi giorni non è una riedizione di battaglie già combattute e decise. Si tratta di un conflitto nuovo nel campo aperto dalle nuove tecnologie della vita. E' uno scontro per stabilire dove passeranno i confini della libertà individuale e dell'autodeterminazione del singolo, della ricerca scientifica e delle seguenti commercializzazioni, dell'intervento medico o della sua astensione.

Le differenze tra questo scontro e quello ottocentesco sono palesi e ignorarle equiverebbe a fraintendere la realtà. Una differenza importante è che la chiesa non sta lottando per i propri privilegi. Un'altra differenza cruciale è che alla chiesa non è contrapposta l'isituzione statale, ma dei privati cittadini o dei partiti. Inoltre si tratta di difendere o ampliare non le prerogative dello stato, ma degli spazi di libertà individuale.

In altri termini: è una battaglia di valori interna alla cittadinanza, non di potere tra "cittadinanze qualitativamente diverse", quella terrestre e quella celeste (e non sono sicuro che questo sia veramente un bene: le battaglie di valori sono forse più spietate di quelle di potere).

martedì 14 aprile 2009

Dagli al mendicante!

Ormai da settimane l'attenzione del quotidiano locale è dedicata ad un nuovo nemico pubblico numero uno: i mendicanti. Titoli sparati, primi piani degni di pericolosi criminali ricercati dall'interpol, interviste agli esperti delle associazioni di volontariato che ci invitano a starne ben alla larga (e loro stanno bene alla larga dal proporre un piano per risolvere quella che più che un'emergenza di sicurezza è un'emergenza sociale) e al questore (che invece di fare il proprio lavoro, impiega il suo tempo a spiegare al sindaco come dovrebbe fare il suo).

Ci spiegano che fanno parte di networks criminali, che arrivano in treno da verona (scacciati dal decreto del coraggioso sindaco Tosi), che in tasca hanno il cellulare. Ci spiegano anche che con le vecchiette fanno i prepotenti e che, altrimenti, cercano subdolamente di ispirare pena e compassione, con ipocrite facce sofferenti. Sono truffatori, certo, ma anche sfaticati, perchè sono giovani, e se volessero, potrebbero anche lavorare (come se un rifugiato politico o un clandestino potessero legalmente lavorare). Ecco, quindi, che è meglio non dare l'elemosina, noi correremo il rischio di pulirci la coscienza e loro di venire viziati all'accattonaggio.

Nulla di sorprendente. La solita criminalizzazione delle vittime. Lo scontato paternalismo con cui i ricchi spiegano ai poveri come comportarsi. Quello che mi colpisce è che, tra i tanti coraggiosi reporters che hanno sfidato il pericolo per andare a fotografare i minacciosi mendicanti, a nessuno sia venuto in mente di dare loro la parola, di chiedere loro come siano venuti qui, di verificare se siano schiavi di organizzazioni crimali (ed eventualmente sollecitare una loro liberazione, non un'ordinanza che li scacciasse dalla nostra vista), di domandarsi quanto sia umilliante per un giovane dover vivere della carità degli altri.

Tutto questo manca dalla meticolosa copertura giornalistica del nostro quotidiano. In fin dei conti non si tratta di persone. Si tratta solo di accattoni.

ps. In questo contesto il comportamento elettoralmente suicida del Sindaco, che si rifiuta di firmare l'ordinanza scaccia-mendicanti, non può che suscitare la mia incondizionata simpatia.
pps. E anche la lettera al giornale scritta da Fabio Visentin, un vecchio esponente di Rifonda, che oggi fa pubblica ammissione di colpa (ha dato un euro in carità), mi ha fatto molto piacere.

pps. sullo stesso tema, sentieri interrotti. Da sfogliare anche larepubblica.parma.

sabato 11 aprile 2009

Sabato santo

Non sarò certo io a iscrivermi nel registro dei difensori d'ufficio di Dio. L'esistenza del male in sè è un terribile atto d'accusa. Il dolore dell'innocente, il dolore di Giobbe è lì ad alzare la voce e l'indice verso il cielo.

Non cercherò di scaricare la colpa sull'uomo che fa il male, nè di colpevolizzare le vittime. Non cercherò di addossare ogni responsabilità alla storia, alla natura, al caso. Sono difese imbarazzanti, innanzitutto per l'Onnipotente e l'Infinitamente Buono.

Oggi, però, non mi costituirò nemmeno come parte civile. Non aggiungerò la mia coscienza alla voce di Giobbe, non urlerò per chi non può più urlare, inghittito dalle onde del mare o sepolto da un palazzo crollato o addormentato nella sua angoscia da un buco di eroina.

Oggi, no. Oggi me ne starò zitto. Chiuderò le mie labbra chiedendomi come sia possibile che quelle ossa spezzate siano anche le Sue.

sabato 4 aprile 2009

Questa funziona di sicuro

L'Italia ha un problema con l'evasione. E la sinistra ha un problema con Visco, nel senso che ogni serio democratico tentativo di far pagare le tasse agli italiani ha finora sistematicamente significato disfatta elettorale.

Ma, forse forse, il destino non è segnato ed esiste un modo per risolvere il trilemma politico finanziario del pd e lo hanno scoperto i taiwanesi e si tratta della lotteria fiscale.

Funziona così: dietro ogni scontrino fiscale c'è un numero, ogni giorno alcuni di questi numeri vengono estratti a sorte e pubblicati sul giornale. I fortunati possessori degli scontrini vincenti ricevono un premio in denaro che può arrivare fino a 200 dollari.

Ecco, una cosa così in Italia non può non funzionare.

domenica 22 marzo 2009

Sogni di vita eterna

Ieri sono andato a vedere la mostra "Mummie. Sogno di vita eterna", organizzata dal museo archeologico della mia città. Una sessantina di mummie, naturali e artificiali, umane e animali, sono state portate a far compagnia al buon vecchio Oetzi.

Di questo convegno di mummie c'è una cosa che mi è rimasta impressa. Dalla Cina al Perù, passando per l'Egitto, erano tutti convinti di rimanere in vita preservando la propria fisicità. Degli organi interni si poteva anche fare a meno, ma di pelle e ossa proprio no: era quelle il mattone fondamentale su cui si sarebbe costruita la vita dell'aldilà. In un certo senso, ragione, sensazione e piacere non contavano, perchè l'importante era "esserci". Fissando un teschio nelle orbite, mi chiedevo cosa avrebbe fatto un faraone se avesse avuto a disposizione le tecnologie di oggi. E già me lo immaginavo ricoverato nel cuore di una piramide, con il sondino nello stomaco e il respirato in bocca, tenuto in stato vegetativo permanente, per l'eternità.

[Ai giorni nostri, invece, è tutto il contrario. Il corpo è una mera precondizione alla "vita vera", che è fatta di esperienze. Quello che conta, a me pare, non è esserci ma fare. D'altronde come potrebbe essere altrimenti in un sistema economico dove il valore di una vita dipende dalla sua produttività?]

Pure il vangelo di oggi parla di vita eterna (chi crede ha la vita eterna), ma qui non si tratta tanto di una vita tanto lunga da non aver fine, quanto di una vita vissuta in assoluta pienezza. La durata è un elemento quasi secondario. In fin dei conti, l'eternità potrebbe diventare una brutta condanna se uno vive una vita pallosissima. Quello che conta è la comunione con Dio (che comunque non può finire).

Ciò nonostante, sono uscito dal museo con la convizione di avere almeno due cose in comune con lo "spirito delle mummie". La speranza che la morte non sia la fine del gioco. O il fatto che il corpo è una parte imprescindibile e non puramente strumentale della persona (al punto che risusciterà... opportunamente "trattato" con sale di sodio e spirito santo).

sabato 21 marzo 2009

L'ira di Clint

Sono tantissimi i film imbevuti di riferimenti alla Bibbia, espliciti e impliciti. Tra questi il più intrigante è, forse, Matrix. Ma potremmo citare anche Harry Potter o il Signore degli Anelli. E anche l'ultimo film di Clint Eastwood rientra a pieno titolo in questa categoria.

Anzi, Gran Torino è una metafora della storia della salvezza quasi spudorata (con Clint nel ruolo di Dio, ovviamente). Potrei giocare a dire chi nel film rappresenta chi nella Bibbia, ma resisto alla tentazione, perchè Gran Torino è molto più di questo. E' il più bel commento a questo passo dell'Apocalisse:
12 Quando l`Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue,le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi. Il cielo si ritirò come un volume che si arrotola e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto.Allora i re della terra e i grandi, i capitani, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti; e dicevano ai monti e alle rupi: Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall`ira dell`Agnello,perché è venuto il gran giorno della loro ira, e chi vi può resistere?
Dio è un vecchio brontolone, incarognito dalle delusioni e rinchiuso in se stesso. Sembra aver dimenticato la sua creazione e il suo popolo. E' l'ira scatenata dal grido dell'innocente al cielo, che muove Dio/Clint a ritornare protagonista della Storia. E' la violenza gratuita verso una ragazza hmong. I potenti, gli oppressori, le gang è barrichino pure a casa loro. Cercheranno di trincerarsi dietro un muro di pallottole, ma contro il Buono, ce lo garantisce San Giovanni, non possono resistere.

Il finale, di Gran Torino come della Bibbia, è, naturalmente, a sorpresa.

giovedì 19 marzo 2009

Il Papa ha un demonio

Non ha fatto nemmeno in tempo ad atterrare in Camerun, che Benedetto ha già scatenato un putiferio di proporzioni mondiali. Ben gli sta! Come si può pretendere di dare lezioni di morale in una intervista lampo su un aereoplano? D'altro canto, fatico a comprendere tutto questo stupore globale. In fin dei conti, Benedetto non ha fatto altro che ribadire la dottrina cattolica sul tema, che è la stessa da almeno 5 pontificati.

Premesso questo, vorrei fare due commenti.
1) Le critiche al Papa sono buon senso allo stato puro. Ragionevolezza al cubo. Chi, però, si sia preso la briga di sfogliare il vangelo, di buon senso ne avrà trovato molto poco, anche in campo morale. Gesù è uno che invita a voler bene a chi ti bastona, a dare anche le mutande a chi ti ha rubato i vestiti, a perdonare sempre e comunque a prescindere, fino all'ordine reiterato di comportarsi come si comporta Dio. Beh, l'asticella è davvero posta troppo in alto. Dio chi crede che siamo? Gli ebrei dell'epoca, che erano gente molto ragionevole, infatti, a Gesù dicono papale papale: "Tu hai un demonio!".

Benedetto cerca di non essere da meno di cotanto predecessore. E fa bene. Fa bene a ricordare che l'uomo è fatto per qualche cosa di più di una sessualità pret-a-porter, in cui il preservativo funge da passepartout. Quello che Bendetto crede è che l'uomo sia fatto per qualcosa di molto più grande della semplice soddisfazione del proprio piacere. Il Papa, e con lui tutta la Chiesa, crede che il sesso sia il sacramento di un amore ostinato e fedele, in cui l'intimità fisica sia la celebrazione di un'intimità di vita e di spirito.

Decisamente troppo. Infatti pure io me ne sto bene alla larga da un amore così.

2) Nonostante l'evidente follia della proposta di vita cristiana, è possibile che le parole del Papa siano più realistiche e fedeli alla realtà dell'uomo, anche in relazione alla lotta all'aids, di quanto i commenti degli opinionisti di mezzo mondo lascino pensare.

E' un fatto che tutte le "politiche del preservativo" in Africa siano fallite. Spedire vagonate di condom, come pare abbia fatto Zapatero, non è che una buffonata umilante per spagnoli e africani. E' anche un fatto che il contagio di HIV sia stato contenuto tra quelle popolazioni in cui la sessualità è rimasta regolata dalle tradizioni tribali e non è stata inghiottita dal disfacimento che la società africana ha subito dai tempi della tratta coloniale in poi. Vuoi, quindi, che alla fine dei conti, non abbia ragione lo sragionato Benedetto, che la soluzione stia nella ricostruzione di un tessuto sociale ordinato, e che distribuire a pioggia profilattici non aiuti proprio?

3) E per non farci mancare nulla, ecco cosa ha detto Benedetto (via Luigi Accattoli):

Ecco le parole del papa in aereo in risposta alla domanda del collega Philippe Visseyrias di France 2 (”Santità, tra i molti mali che travagliano l’Africa, vi è anche e in particolare quello della diffusione dell’Aids. La posizione della Chiesa cattolica sul modo di lottare contro di esso viene spesso considerata non realistica e non efficace. Lei affronterà questo tema durante il viaggio?”):

“Io direi il contrario: penso che la realtà più efficiente, più presente sul fronte della lotta contro l’Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti, con le sue diverse realtà. Penso alla Comunità di Sant’Egidio che fa tanto, visibilmente e anche invisibilmente, per la lotta contro l’Aids, ai Camilliani, a tutte le Suore che sono a disposizione dei malati … Direi che non si può superare questo problema dell’Aids solo con slogan pubblicitari. Se non c’è l’anima, se gli africani non si aiutano, non si può risolvere il flagello con la distribuzione di preservativi: al contrario, il rischio è di aumentare il problema. La soluzione può trovarsi solo in un duplice impegno: il primo, una umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l’uno con l’altro, e secondo, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti, la disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, ad essere con i sofferenti. E questi sono i fattori che aiutano e che portano visibili progressi. Perciò, direi questa nostra duplice forza di rinnovare l’uomo interiormente, di dare forza spirituale e umana per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e di quello dell’altro, e questa capacità di soffrire con i sofferenti, di rimanere presente nelle situazioni di prova. Mi sembra che questa sia la giusta risposta, e la Chiesa fa questo e così offre un contributo grandissimo ed importante. Ringraziamo tutti coloro che lo fanno”.



martedì 17 marzo 2009

La verità vi farà liberi. Appunti.

E' ormai un anno che sono rimasto "incantato" sul vangelo di Giovanni e affascinato dalla sua "ossessione" cristocentrica. Penso, anzi, di essere stato contagiato da questa ossessione e, ormai, vedo gnostici e pelagiani a destra e a manca.

Comunque in questi ultimi giorni sono tornato su questi versetti del capitolo 8:

Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; 32 conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". 33 Gli risposero: "Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?". 34 Gesù rispose: "In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35 Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; 36 se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.
E' un passo molto conosciuto, soprattutto quel "la verità vi farà liberi". Ma che significa?

Un primo, ovvio, significato è che sapere come stanno davvero le cose permette di agire liberamente. In una stanza buia sono costretto a muovermi a tentoni. In una stanza illuminata, invece, mi posso muovere liberamente, senza paura di sbattere contro un armadio.

Chi commette peccato, invece, non è libero, ma "schiavo del peccato". Se la verità aumenta la nostra libertà, il peccato la riduce. Peccare è come chiudersi in una stanza e buttare dalla finestra la chiave. Queste due azioni, pur scelte liberamente, riducono significativamente la libertà, anzi coincidono con una sorta di autocarcerazione.

Non posso non notare che l'antinomia verità-peccato è piuttosto singolare. Alla verità non viene contrapposta l'ignoranza, nè al peccato la santità. Questo non è un caso. Il primo significato del passo giovanneo, a cui ho accennato sopra, va necessariamente approfondito, proprio a partire da questa antinomia.

La verità a cui si riferisce il Cristo libera, innanzitutto, dal peccato. Nel Figlio di Dio e dell'uomo, il peccato non significa più una separazione definitiva da Dio. Il Padre, infatti, attraverso suo Figlio, non permette più che ci chiudiamo fuori casa (magari dopo una notte passata in discoteca). Anche noi, con e grazie a Cristo, nonostante tutte le nostre debolezze, abbiamo la possibilità di rimanere per sempre nella casa del Padre.

In altre parole, la conoscenza, ma prima ancora l'esperienza, di questa verità, che poi non è altro che Cristo stesso, libera la nostra vita dalla paura di sbagliare, dai sensi di colpa, dalla necessità di essere e apparire sempre perfetti, dalla legge levitica e dalla sua versione moderna, la casistica morale, da ogni nostra paturnia e dal giudizio degli altri. Sappiamo, infatti, che siamo giustificati addirittura prima di peccare. Cristo ci libera dalla paura di perdere le chiavi! Possiamo, così, uscire nel mondo e sporcarci le mani, rischiare, imparare sbagliando. Possiamo anche essere sfigati e inadeguati: Dio ci ama sempre e comunque, anzi, probabilmente ancor di più. E, all'alba, scenderà ad aprirci la porta.

Rimane una domanda: come fare a conoscere la verità? Qui non si tratta di nozioni, di una verità assimilabile esclusivamente razionalmente. Questa verità non ha nulla a che fare con prove razionali dell'esistenza di Dio, nè con prove storiche della sua resurrezione nè con conoscenze razionali, che l'uomo può raggiungere con le proprie forze.

Per conoscere la verità, dice Gesù, bisogna "rimanere fedeli alla mia parola". Bisogna perseverare nella sua parola. Bisogna metterla in pratica e farne esperienza, quotidianamente e praticamente. E' una verità che si scopre facendola. E' una verità, come Gesù spiega a Nicodemo, che "si fa". E' nella fede vissuta che la parola manifesta tutta la sua forza e verità. Così, se noi dimoriamo in Cristo, come ricorda in più passi lo stesso Giovanni, Cristo dimora in noi.

mercoledì 11 marzo 2009

Il ritorno della politica

Cosa hanno in comune il mandato di arresto emesso dalla corte penale internazionale contro il presidente del Sudan e la crisi economica mondiale?

Sono avvenimenti di natura e dimensione assolutamente diversi, eppure entrambi segnalano l'urgenza di un ritorno alla politica. Ci siamo illusi, per troppo tempo, di poter far a meno della politica. Che la politica fosse una cosa brutta, in mano a corrotti e incompetenti. Ci siamo illusi che si potesse delegare la gestione della cosa pubblica "agli esperti". Ci siamo illusi che affidare la politica economica agli economisti e la politica internazionale ai giuristi avrebbe portato ad un mondo migliore.

Ora, siamo costretti a tornare alla dura realtà. Abbiamo scoperto che dietro ogni legge economica si nascondono interessi particolari ed ideologici, e che non basta un procuratore per fare la pace.

Espellere lo stato dalla mondo dell'economia è stata follia. Altrettanto è stato permettere che la corte penale internazionale prendesse l'iniziativa in una crisi complessa come quella sudanese. Ora, rinsaviti, si spera, torniamo a fare politica.

ps. sulla crisi economica sanno ormai tutto tutti. Su quello che sta succendendo in Sudan, invece, questo è l'indirizzo giusto.

domenica 1 marzo 2009

Il buon samaritano '09

Tra due bidoni delle immondizie, in fondo ad una strada di una grande città, giaceva un uomo svenuto. Era sporco e sanguinante.

Passò un ronda di sicurezza e si fermò proprio davanti a lui. Gli omoni della ronda borbottarono tra di loro: "Lo hanno conciato proprio bene!" "Se lo sarà meritato di sicuro""E' un marocchino""Sicuramente un poco di buono""Che se ne tornino a casa loro...""...E lascino l'Europa a noi cristiani!""Altro che moschee e couscous". E proseguirono nel loro giro d'ispezione.

Passò poi il comitato di redazione di un diffuso quotidiano cattolico. Mentre camminavano discutevano animatamente della prossima enciclica papale sulla giustizia sociale, ma si fermarono comunque, sorpresi di veder quel corpo martoriato. Una giornalista suggerì al direttore di chiamare un'ambulanza. Il direttore ci riflettè un secondo, poi disse che era meglio di no: "Non vedi che è straniero? Non possiamo proprio intervenire. Cosa penserebbe il governo? Magari se la prendono. Magari poi un ministro arriva a denunciarci. Dobbiamo essere prudenti e pensare ai finanziamenti alle nostre scuole. Ci penserà qualcun altro." E proseguirono verso la sede del giornale.

Passò poco dopo un gruppo di militanti del partito democratico. Erano stati comunisti tutti d'un pezzo nei tempi d'oro di Berlinguer. Ora era rimasta tanta amarezza. Erano della corrente più vicina ai radicali. Dell'ideologia di un tempo non erano rimasti che relativismo, laicismo e anticlericalismo. Una vecchia compagna femminista si accorse dell'uomo tra i bidoni. Un veloce sguardo d'intesa e lo caricarono sul furgoncino, tra i manifesti della campagna elettorale e lo portarono in ospedale. In ospedale lo affidarono agli infermieri, poi ripartirono, diretti a tutto gas all'assemblea nazionale.

Il dottore era stanco morto. Aveva passato la giornata ad una manifestazione per la difesa di Eluana e ora gli toccava pure il turno domenicale al pronto soccorso. Si avvicinò al lettino dell'uomo svenuto. "E' straniero" notò "Ha anche un grave trauma cranico e ha perso molto sangue. Avrebbe bisogno di un intervento urgente". Ci pensò sù un secondo, poi si chiese "Magari è un clandestino.... Vediamo se ha dei documenti". Documenti non ce n'erano. Solo un portafoglio vuoto. "Meglio chiamare la polizia" si decise il dottore. Uscì dalla stanza e andò ad avvertire le forze dell'ordine.

Quando la polizia arrivò, trovò l'uomo già morto. "Dottò" fece il capitano "Con tutti i crimini che succedono in città, le pare il caso di disturbarci per un cadavere?". Il medico nicchiò e constatò l'ora del decesso: "Sono giusto le tre" E scrisse sul referto "deceduto alle ore 15.05".

sabato 28 febbraio 2009

Refused

Quando lavoravo a Londra come assistente in una struttura residenziale per disabili, ogni mattina e ogni sera dovevo distribuire le medicine: pillole, sciroppi e pomate. C'era un orario preciso per farlo, una procedura standard e un registro. La dose per ogni medicina era contenuta in un box con la foto dell'utente in bella evidenza. Impossibile sbagliarsi.

Gli utenti aspettavano le medicine e le prendevano con non curanza. A volte, però, qualcosa girava storto. E uno di loro rifiutava. No! Oggi la pasticca non la voglio! Ma come non la vuoi? Ti aiuta a stare meglio. L'ha ordinata il dottore. Perchè non la vuoi?

Io insisto dieci minuti. Ritorno più tardi. Riprovo. Insisto. Ma se la volontà dell'utente, un disabile con ritardo mentale, è chiara? Non potevo, certo, ingannarlo, sbriciolando la pillola in un bicchiere d'acqua o mischiandola nel purè a cena. Di mandargliela giù per la gola a forza manco a parlarne. Manco se la vita dell'utente era a rischio. Le linee guida erano chiarissime.

Se il medico di base non è raggiungibile, si chiama il centralino del servizio sanitario, per capire quali possono essere le conseguenze sanitarie di un rifiuto della medicina. Se le conseguenze sono gravi, e l'utente proprio non ne vuole sapere, si chiama l'ambulanza.

Poi si torna in ufficio e sul registro delle medicine si scrive: REFUSED.

lunedì 23 febbraio 2009

Terapie (quasi un flusso di coscienza)

Terapie sono misure mediche finalizzate alla salute di una o più persone. L'accento della definizione è posto su "mediche". L'alimentazione forzata è sicuramente una terapia, non perchè acqua e cibo siano misure mediche, ma perchè lo è tutto il resto (il sondino, il buco in pancia etc etc, come ha spesso ben spiegato Marino).

Non tutte le terapie sono, però, uguali. Ad esempio, ci sono terapie finalizzate a prolungare la vita di una persona in fin di vita, come quelle che Giovanni Paolo rifiutò. E ci sono terapie finalizzate a mantenere in vita persone che altrimenti non sopravviverebberò, come per Eluana Englaro.

In questo secondo caso non ci può essere accanimento terapeutico (dove l'accento è posto su accanimento, come ha notato giustamente azioneparallela). Se accanimento terapeutico significa adottare misure mediche velleitarie, senza nessun beneficio per il paziente, allora terapie come la nutrizione forzata non sono certamente definirsi velleitarie e il loro beneficio per il paziente irrilevante, a meno di non definire irrilevante la vita stessa.

Accanimento o no, resta da capire se un paziente sia obbligato ad accettare una terapia. Sicuramente questo diritto non è assoluto. Nel caso di emergenze per la salute pubblica, ad esempio, certe terapie potranno essere legittimamente imposte anche a chi non le volesse. Ma questo non è il caso di Eluana Englaro, o di Piergiorgio Welby.

Un obbligo legale ad essere il più sani possibile sicuramente non c'è. Ogni persona ha sicuramente il diritto di accettare o rifiutare cure e terapie, una volta che è stata adeguatamente informata ed è libera di assumersi la responsabilità sulle conseguenze delle proprie scelte. In fin dei conti è proprio questo il sale della democrazia: ciascuno è il miglior giudice del proprio bene.

La posizione di alcuni prelati, secondo cui la persona non avrebbe un diritto ad autodeterminarsi, sarà anche legittima, ma, oltre a rendere la libertà di coscienza (fortemente affermata dal vaticano secondo) un inutile feticcio, è in contrasto teorico (e non solo) con l'idea stessa di democrazia.

Esiste invece un obbligo morale? La vita ci è stata affidata e noi siamo liberi di amministrarla come meglio crediamo. Le prime vittime di un'amministrazione cattiva siamo, in primo luogo, noi stessi. Rinunciare a vivere non è, in linea di massima, un modo buono di amministrare la vita. E', però, difficilissimo definire una regola o una casuistica sempre valida: troppo dipende dalle circostanze particolari in cui ci si trova. Attaccarsi al sondino potrebbe essere sia una grande testimonianza di speranza, staccarsene di generosità e fiducia in Dio. Qui dovrebbe valere la massima di Sant'Agostino: ama e fa ciò che vuoi. Lo stesso magistero della Chiesa sembra(va) lasciare un discreto margine di discrezionalità.

Il problema è: come lo scrivi un testamento biologico se non conosci i particolari della situazione in cui ti verrai a trovare? O come si può decidere di una cosa del genere senza tenere in considerazione la famiglia e la comunità dei propri cari? Ecco, tenetemi il sondino finchè la mia assistenza non sia troppo onerosa per la mia famiglia, o finchè per curare me non si riduca l'assistenza a qualcun altro.

sabato 21 febbraio 2009

Sardegna, Terzo Mondo

Sostiene Repubblica, ma conferma pure mia madre attualmente a svernare nei dintorni di Alghero, che molti sardi abbiano venduto il loro voto per qualcosa come 20 euro di spesa. Io non so se sia vero, ma se lo fosse, questa notizia ci costringerebbe a ricollocare geopoliticamente al Sardegna dall'Europa occidentale al Terzo Mondo.

Il Terzo Mondo non è tanto un luogo geografico, nè una categoria esclusivamente economica. E', soprattutto, una mentalità, anzi, più precisamente, un orizzonte temporale. Terzo Mondo è pensare a breve termine nelle scelte riguardanti il benessere proprio e pubblico. Più a breve termine si pensa, più si è Terzo Mondo. Un voto per 20 euro è Terzo Mondo profondo.

Non che pensare a breve termine sia una cosa stupida, da persone sciocche o culturalmente inferiori. Anzi, è probabilmente l'unico modo razionale di comportarsi in un determinato contesto socio-economico. Non si investe da qui a cinque anni, se il rischio è finire digiuni per cena. Che questa fosse la situazione sarda non me l'aspettavo. Qui, o è Repubblica che fa propaganda, oppure è Berlusconi che è riuscito a convincerci che stiamo molto meglio di come effettivamente stiamo.

sabato 14 febbraio 2009

La verità delle leggi

Se fosse assolutamente indubitabile che una data legge stabilisce la Verità e se questa legge godesse dell'approvazione della stragrande maggioranza della cittadinanza, sarebbe giusto promulgarla?

No.

Le leggi, infatti, non servono ad imporre la verità, ma a permettere a tutti di raggiungerla liberamente.

venerdì 13 febbraio 2009

Un pendolare monello

1. Bolzano-Trento, in macchina.
Di questi tempi sono abituato a sentirmi un fuoco di fila di domande sulle mie scelte di vita. La cosa non mi dispiace, perchè questi "interrogatori" sono utilissimi per il mio percorso di discernimento e mi danno l'occasione di offrire un diverso punto di vista sul mondo al mio interlocutore. E ormai so quasi tutte le risposte.

L'altro giorno, però, sono stato preso in castagna. "Come concili la tua vocazione con le posizioni politiche del Vaticano?" Sembra una domanda facile, o almeno una di quelle che mi pongo quasi tutti i giorni. Invece ho abbozzato, non sono riuscito ha dare una risposta che convincesse me e la mia compagna di viaggio. Così ci ho pensato sù.

Il fatto è che non mi sono mai posto la questione in questi termini. Prima c'è la mia vocazione, poi, semmai, viene il problema di conciliare le mie idee con l'ideologia di porporati più o meno numerosi.


2. Trento-Bolzano, in treno.

Leggo una breve storia della teologia cattolica. E incappo in una lettera del generale dei domenicani, Umberto di Romans, al confratello Alberto Magno, in predicato di diventare vescovo. Umberto non ha accolto bene la notizia e fa una ramanzina con i fiocchi ad Alberto.
Scrive, tra l'altro:

Chi, mi chiedo, potrebbe credere che, al meriggio della tua vita, tu voglia macchiare così la tua gloria e l'Ordine cui procurasti tanto onore? [...]

Quale secolare, sapendo ciò, non si scandalizzerà di te e di chi emette professione simile alla tua? Come potrà non convincersi, che noi anzichè amare la povertà la sopportiamo fino a che non ce ne riesce di sottarcene? No, non ti smuovano, ti scongiuro, i consigli e gli inviti dei prelati e della Curia Romana: tutte queste moine si trasformeranno presto in burle e derisione! [...]

Considera attentamente quello che è accaduto a coloro che si sono lasciati trascinare a simili posti. Quali sia stata la loro reputazione, quali i risultati, quale la loro condizione, quale la loro sorte. Ripensa bene in cuor tuo quanti ostacoli e difficoltà si incontrino nel reggere la diocesi della Germania, e quanto difficile sia evitare l'offesa di Dio e degli uomini. [...]

Ah, potessi io vedere il mio figlio prediletto posto nella bara piuttosto che sulla cattedra vescovile!
Ecco, io sarò spesso molto critico nei confronti della curia vaticana, ma un'idea così negativa di un vescovo -giuro- non l'ho mai avuta. Ecco, dopo questa lettura, mi son sentito addirittura uno "fedele alla linea"... magari solo un po' monello.

3. Bolzano, a casa.
Il problema, credo, non è essere d'accordo in tutto e per tutto con ogni sciocchezza che esce dalla bocca di un cardinale. Il problema che ogni dissenso interno alla Chiesa deve essere motivato nel promuovere la verità e deve essere mosso in spirito di umiltà e unità (non certo di monolitismo o conformismo).

A volte, poi, viene il sospetto che quelli al di fuori del magistero della Chiesa siano proprio i cardinali.

Alcuni di loro, è notizia di oggi, minacciano scomuniche a destra e a manca (come se, una volta descomunicati quattro che rifiutano un concilio intero e non riconoscono l'autorità di tutti i papi che lo hanno seguito, la minaccia avesse una qualche credibilità), oltre a confondere indefessamente la non tanto sottile distinzione tra peccato e reato ed essere privi del più piccolo straccio di sensibilità umana. Poi, uno prende in mano il catechismo, dove è scritto che:
Lo stato demcratico, fatte salve le necessità dell'ordine pubblico, non interferisce nella sfera delle scelte personali. Si tratta di un'evoluzione sostanzialmente positiva, conforme alla concezione cristiana dell'uomo. Gli uomini sono tenuti a cercare e ad accogliere la verità; ma deovono farlo liberamente, attraverso l'educazione e il dialogo, secondo la loro dignità di persone e la loro natura sociale. La coscienza va rispettata anche quando sbaglia.
Non ho trovato, invece, alcun passo che specificasse che l'alimentazione forzata non sia un trattamento sanitario (che, sempre secondo il catechismo, possono essere rifiutate quando siano enormemente costose e senza consistenti vantaggi per il paziente, visto che il malato ha diritto di morire cond dignità).

Ognuno può pensare quel che vuole, ma certi alti prelati dovrebbero evitare che la loro pur autorevole opinione venisse confusa con l'insegnamento della Chiesa. Rischiano, come minimo, di peccare d'orgoglio.

domenica 8 febbraio 2009

Silenzio!

Questa è la foto sul mio desktop. Si capisce, quindi, come ogni invito al silenzio trovi qui un'accoglienza entusiasta, quando questo diviene il luogo della contemplazione e del discernimento. Quando ci previene dal dire sciocchezze. Ed è quando non facciamo più rumore che possiamo sentire al voce di Dio. Quando è una forma di rispetto verso il dolore dell'uomo, ecco, in quel momento il silenzio è prezioso.

E' da questo silenzio che potrà emergere un dibattito pubblico civile, in cui si è pronti all'ascolto delle ragioni dell'altro e fare qualche passo avanti verso una verità che è sempre più grande di noi. Il dibattito sulla vita, urgente e scottante, va avanti da anni ormai. Mette a dura prova i nostri nervi, ma è certamente molto meglio di quel silenzio deleterio, fatto di acquiescenza e indifferenza, che ho trovato verso le stesse questioni in Inghilterra.

Da noi la battaglia è dura, per la definizione di nuovi diritti e nuovi doveri. Come aveva ragione Focault quando diceva che i nostri codici grondano di sangue e sono la cristalizzazione delle guerre civili del nostro passato!

In questo scontro mi trovo, al solito, in mezzo con le mie poche certezze. Non saprei dire se l'alimentazione forzata è accanimento terapeutico o una sorta di obbligo morale che discende dal Vangelo o da una legge naturale da trasformare al più presto in civile. Non ho nemmeno il coraggio, e la spudoratezza, di definire assassino un padre che ha intrapreso un calvario per far rispettare quella che, legittimamente o meno, ritiene essere la volontà di sua figlia.

E, da cattolico, mi sarei aspettato dai miei pastori più degli inviti alla speranza - quella speranza che fu (ed è ancora) propria del popolo d'Israele e dello storpio che attese per 38 anni, ai margini di una piscina, di venir guarito - che diktat austeri e severe ingiunzioni . La faccia di bronzo di certi politici, che in un solo momento vogliono salvare la vita di un'italiana e condannare a morte centinaia di immigrati, quella sì, purtroppo, me l'aspettavo.

sabato 31 gennaio 2009

L'obbedienza non è più una virtù

In questi ultimi giorni mi sono dovuto ripetutamente confrontare, intimamente e pubblicamente, sul rapporto tra obbedienza all'autorità e autonomia di coscienza.

Durante un incontro vocazionale presso i domenicani di Bologna ho posto apertamente il problema di quanto bisognasse accogliere l'insegnamento della Chiesa non ex cathedra e quanto ascoltare la propria coscienza e intelligenza soprattutto per quanto riguarda il discernimento della verità. E', infatti, mio convincimento che non sia possibile accogliere qualsiasi verità se non per intimo convincimento, a pena di far torto sia alla verità sia alla propria coscienza. Ne è seguito un breve dibattito con un duplice ammonimento al ribellismo e al conformismo. Mi pare di essere esente da entrambi i rischi. Rimane, piuttosto, la tensione presente in ogni sacerdote tra le proprie convinzioni personali e l'insegnamento ufficiale della Chiesa. La mediazione non è facile.

Contemporaneamente, sui giornali, scoppiava la polemica sulle parole del Cardinal Poletto a proposito dell'obiezione di coscienza e del primato della legge di Dio su quella dell'uomo. Un vivace scambio di opinioni ha avuto luogo sul mio blog. Francesco Costa ha ospitato una discussione molto interessante sullo stesso tema. L'ultimo intervento è di Luca Sofri. Il nocciolo è, però, lo stesso. L'intervento di Poletto viene giudicato eversivo e una eclatante violazione della laicità dello stato. Io mi ostino a non capire come ci possa essere una legge morale superiore alla propria coscienza (e per i cristiani essa è fondata in Dio - e non è proprio questo il succo della laicità?). E non capisco nemmeno come l'obiezione di coscienza possa venire confusa con il brigatismo o il fondamentalismo religioso. Forse vale la pena ricordare che l'obiezione di coscienza è il rifiuto di fare ciò che una legge considerata ingiusta lo costringerebbe a fare, esponendosi poi apertamente a tutte le conseguenze che la sua condotta illegale comporta. Essa è una pratica intrinsecamente non violenta e passiva. Altro che amnistie per assassini politici e lapidatori!

Mi sono, allora, andato a rileggere la lettera di don Milani ai giudici. Riporto qui qualche stralcio, giusto per sentirmi meno solo.

Non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate.
La leva ufficiale per cambiare la legge è il voto. La Costituzione gli affianca anche la leva dello sciopero. Ma la leva vera di queste due leve del potere è influire con la parola e con l'esempio sugli altri votanti e scioperanti. E quando è l'ora non c'è scuola più grande che pagare di persona un'obiezione di coscienza. Cioè violare la legge di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede.

Chi paga di persona testimonia che vuole la legge migliore, cioè che ama la legge più degli altri. Non capisco come qualcuno possa confonderlo con l'anarchico. Preghiamo Dio che ci mandi molti giovani capaci di tanto. Questa tecnica di amore costruttivo per la legge l'ho imparata insieme ai ragazzi mentre leggevamo il Critone, l'Apologia di Socrate, la vita del Signore nei quattro Vangeli, l'autobiografia di Gandhi, le lettere del pilota di Hiroshima. Vite di uomini che son venuti tragicamente in contrasto con l'ordinamento vigente al loro tempo non per scardinarlo, ma per renderlo migliore.
[...]

L'ho applicata, nel mio piccolo, anche a tutta la mia vita di cristiano nei confronti delle leggi e delle autorità della Chiesa. Severamente ortodosso e disciplinato e nello stesso tempo appassionatamente attento al presente e al futuro. Nessuno può accusarmi di eresia o di indisciplina. Nessuno d'aver fatto carriera. Ho 42 anni e sono parroco di 42 anime!
Del resto ho già tirato su degli ammirevoli figlioli. Ottimi cittadini e ottimi cristiani. Nessuno di loro è venuto su anarchico. Nessuno è venuto su conformista. Informatevi su di loro. Essi testimoniano a mio favore.

[...]

A Norimberga e a Gerusalemme son stati condannati uomini che avevano obbedito. L'umanità intera consente che essi non dovevano obbedire, perché c'è una legge che gli uomini non hanno forse ancora ben scritta nei loro codici, ma che è scritta nel loro cuore. Una gran parte dell'umanità la chiama legge di Dio, l'altra parte la chiama legge della Coscienza. Quelli che non credono né nell'una né nell'altra non sono che un'infima minoranza malata. Sono i cultori dell'obbedienza cieca.

[...]

A dar retta ai teorici dell'obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell'assassinio di sei milioni di ebrei risponderà solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perché pazzo. Dunque quel delitto non è mai avvenuto perché non ha autore. C'è un modo solo per uscire da questo macabro gioco di parole. Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto.

[...]

La dottrina del primato della legge di Dio sulla legge degli uomini è condivisa, anzi glorificata, da tutta la Chiesa. Non andrò a cercare teologi moderni e difficili per dimostrarlo. Si può domandarlo a un bambino che si prepara alla Prima Comunione: "Se il padre o la madre comanda una cosa cattiva bisogna obbedirlo? I martiri disobbedirono alle leggi dello Stato. Fecero bene o male?".
C'è chi cita a sproposito il detto di S. Pietro: "Obbedite ai vostri superiori anche se son cattivi". Infatti. Non ha nessuna importanza se chi comanda è personalmente buono o cattivo. Delle sue azioni risponderà lui davanti a Dio. Ha però importanza se ci comanda cose buone o cattive perché delle nostre azioni risponderemo noi davanti a Dio.

mercoledì 28 gennaio 2009

Mr. Benedetto e Dr. Ratzinger

Sono andato personalmente da feltrinelli a controllare. Mi sono fiondato nel reparto "religione" e dopo un'affannosa ricerca ho scovato l'ultimo libro di Pera. L'ho aperto e ho visto con i miei occhi che è vero: il Papa ha scritto una lettera piena di elogi all'ex presidente del Senato.

Nella lettera è anche scritto che ha ragione Pera nel dire che il dialogo interreligioso è impossibile. Proprio come avevano scritto i giornali. Ma io non ci volevo credere. Cos'è saltato in mente a Benedetto XVI?

Se è vero che ogni religione ha dei dogmi che non si possono mettere in discussione (o Cristo è il Figlio di Dio o non lo è), è altrettanto vero che le religioni hanno anche molto in comune, a partire dalla convinzione che ci sia qualcosa che trascende l'uomo ed il mondo. Per non parlare delle molte religioni condividono la fede in un Dio tanto grande che l'intelligenza dell'uomo non basterà mai a comprendere tutto. Ecco, il dialogo sull'uomo e su Dio può arricchire la teologia di ogni religione, senza sboccare nel sincretismo o nel relativismo. Poi non bisognerebbe dimenticarsi che il dialogo interreligioso era nato per promuovere la pace, visto che di morti per il proprio credo religioso ce ne sono stati e ce ne sono tutt'ora molti.

I cristiani credono che Dio si sia rivelato pienamente attraverso Cristo. Eppure questo non ha significato la fine di ogni discorso su Dio (visto che era già stato detto tutto). Anzi! La teologia cristiana più passano i secoli più sembra arricchirsi. La verità è, infatti, infinita e sarebbe eresia e fondamentalismo pretendere di possederla tutta. Il confronto con altre religioni aiuta i Cristiani a scoprire nuovi aspetti di Cristo o a riscoprire quelli che sono stati dimenticati. L'esempio di scuola è come i musulmani ricordino ai cristiani quanto Dio sia oltre l'uomo. Ma anche uan approfondita conoscenza del misticismo buddhista può costringere ad un salutare "reality check" i mistici cristiani. E si potrebbe continuare.

Ma, al di là del merito della questione, quello che stupisce è che a criticare il dialogo interreligioso sia stato proprio quel Benedetto XVI, che aveva dedicato ampi stralci del suo libro su Gesù al libro di un rabbino, intitolato "A rabbi talks with Jesus", colmandolo di lodi e apprezzamenti che manco per Pera. Ora, se non è dialogo interreligioso questo non so di cosa stiamo parlando.

Quindi, senza voler apparire irriguardoso, faccio le seguenti ipotesi: Benedetto
1. ha cambiato idea, convinto da Marcello Pera,
2. sta invecchiando a velocità preoccupante,
3. soffre di sdoppiamento di personalità,
4. dà ragione ai suoi interlocutori perchè è vuole essere carino con tutti.

giovedì 22 gennaio 2009

Due parole su Eluana

Non ho mai seguito con attenzione il dibattito che si è sviluppato intorno alla questione di Eluana Englaro. Essa suscita interrogativi difficili, da suscitare grattacapi e malditesta oltre che gravose incertezze di coscienza. Sicurezze, insomma, non ne ho. Ora, però, vorrei provare a abbozzare un ragionamento.

Mi pare che la discussione si svolga lungo tre binari: la legittimità dell'obiezione di coscienza; se una persona in stato vegetativo sia viva o meno; se l'alimentazione artificiale sia una cura o no. Vado con ordine, partendo da ciò che mi è più familiare.

a) L'obiezione di coscienza: il Cardinal Poletto ha invitato i medici piemontesi a fare obiezione di coscienza nel caso in cui l'ospedale per cui lavorano dovesse apprestarsi ad interrompere l'alimentazione di Eluana.

A me questo invito pare assolutamente legittimo, e non certo farina del sacco di un ajatollah. Credo che sia assodato dai tempi del processo di Norimberga che ogni cittadino abbia il diritto (e, in caso di manifesta ingiustizia, il dovere) di disobbidire a leggi che ritiene ingiuste. L'obiezione di coscienza è stato uno strumento potente nella lotta contro dittature, occupazioni coloniali e, come ricordato dallo stesso Poletto, per l'abolizione dell'obbligo di leva.

Non ritengo, però, che l'obiezione di coscienza debba necessariamente essere riconosciuta come un diritto legale. Anzi, quando si manifesta nella forma di disobbedienza civile (e l'obiettore va pubblicamente incontro a tutte le sue conseguenze) il carattere di denuncia e testimonianza diviene forte e chiaro. Quando, invece, l'obiezione diviene una sorta di scappatoia, salva da problemi di coscienza, ma perde il carattere di denuncia verso una situazione ritenuta ingiusta.

In tutta onestà, la polemica sulle parole di Poletto mi pare pretestuosa.

b) In tutta onestà, non so cosa sia uno stato vegetativo. Ritengo, però, pericoloso introdurre il criterio della coscienza o dell'autonomia per stabilire cosa sia vita e cosa non lo sia. Altrettanto pericoloso mi pare sia incominciare a pensare che ci siano forme di vita più o meno piene, più o meno degne di essere vissute. Insomma, non riesco ad ammettere che Eluana sia un po' viva e un po' morta. Se la vita e la morte vengono poste su un continuum (chiamato disabilità), e non considerati come stati discreti, poi il rischio di eugenetica e biopolitica aumenta e potrebbe diventare irresistibile.

Mi auguro che si eviti questa deriva.

c) La questione vera si riduce, quindi, all'alimentazione forzata. Se è una cura, allora, può venire interrotta per evitare accanimenti terapeutici. In caso contrario, evidentemente, no. La magistratura si è già è pronunciata al proposito: per il diritto italiano si tratta di cura. Che piaccia o meno, la famiglia Englaro ha tutto il diritto di avvalersi di ciò che è previsto dalla legge.

Se la legge non piace, è il legislatore che la deve cambiare, non certo l'esecutivo a violarla (o ad impedirne l'esecuzione). A quel punto, la discussione si va politica, e non potrebbe essere altrimenti. Giusto è che ci si confronti a viso aperto, tenendo ben presente le difficoltà e le incertezze. E che, a livello pratico, comunque finisca il dibattito, potrebbero non esserci enormi ripercussioni. Intervistato su repubblica.it un medico sosteneva che, anche quando non si interrompesse l'alimentazione, basterebbe non intervenire nel caso di un peggioramento di salute per permettere ad una persona in stato vegetativo di morire.

I principi sono importanti, ma non riescono sempre a contenere la vita (e la morte).

domenica 18 gennaio 2009

Il lato oscuro dell'autodeterminazione

L'altro giorno ragionavo sulla realisticità del progetto di autodeterminazione sudtirolese.

Oggi scopro un articolo di Joseph Nye (uno dei massimi studiosi di relazioni internazionali) che affronta il tema dell'autodeterminazione da un punto di vista globale. Si intitola: Il lato oscuro dell'autodeterminazione. In inglese, ma disponibile anche con traduzione tedesca.

Per tutti coloro che non si accontentano di slogan, ma vogliono approfindire.

venerdì 16 gennaio 2009

Giustizie

Il tema della giustizia divina mi mette sempre e terribilmente a disagio. Da un lato credo nell'infinita bontà di Dio. Dall'altro, quando sento di certe ingiustizie e malvagità, non riesco proprio ad accettare che queste restino impunite. Dopo tante nefandezze e meschinità, mi chiedo, non può proprio finire in un volemose bene generalizzato. Eppure l'inferno non sarebbe forse proprio un'estrema crudeltà, all'ennesima potenza? Insomma, rimango incastrato in questa contraddizione.

E sicuramente non è una castroneria dire che questa contraddizione è presente anche e soprattutto nella Bibbia, e nello stesso Vangelo.

Un aiuto a risolvere il nodo può venire guardando una delle ottime inchieste di Al-Jazeera. Si tratta di un reportage sul nord dell'Uganda, tormentato da decenni da una guerra civile raccappricciante. E' una guerra che reclama giustizia a gran voce.

Una prima risposta a questo bisogno di giustizia viene dalla corte penale internazionale, che ha emesso un mandato di cattura nei confronti di Joseph Kony, leader della guerriglia. Pare che siamo proprio il mandato di cattura a rendere più difficile il raggiungimento di un accordo e della pace. La soluzione della corte penale è una giustizia retributiva: chi ha sbagliato paga in modo proporzionale ai propri errori e la pena farà da esempio ai posteri. Questa è la giustizia a cui siamo abituati, al punto da considerarla l'unica forma di giustizia possibile.

La popolazione del nord dell'Uganda chiede, invece, un'altro tipo di giustizia, che non abbia come fine la punizione del colpevole, ma la ricostituzione delle relazioni spezzate dalla violenza. Ad una ammissione di colpa, si è pronti ad offrire perdono e conquistare la pace. Questa proposta non viene, è bene ribadirlo, da un qualche pacifista idealista ed estraneo alle sofferenze di questo popolo, ma da gente che ha visto i propri figli ed amici morire, venire mutilati e stuprati, e subire ogni tipo di violenza.





Ecco, io non credo di capire davvero a fondo gli abitanti del nord dell'Uganda (come di quelli del Rwanda, che cercano di uscire dal trauma del genocidio proprio con questa giustizia ricostitutiva), però penso che Dio è giusto come sono giusti loro.

lunedì 12 gennaio 2009

Ein Tirol?

Il tema dell'autodeterminazione del Sudtirolo è ritornato in auge. Eva Klotz ci ha costruito su una carriera politica e i suoi epigoni spuntano come funghi. Alle ultime elezioni provinciali sono ben tre i partiti della destra tedesca che sono entrati in consiglio accarezzando sogni d'indipendenza. Pure la SVP, l' oramai ex partito di raccolta, si preoccupa di ricordare agli elettori che l'obiettivo dell'autodeterminazione non è mai sparito dal suo statuto.

Nel frattempo, si fanno sondaggi, da cui emerge che un 20% dei sudtirolesi sarebbe favorevole ad un ritorno all'Austria, mentre un buon 30 preferirebbe il libero stato del Sudtirolo. Per chi le vuole, abbondano pure le chiacchere online. Nell'anno di Andreas Hofer ne sentiremo molte altre.


La richiesta di autodeterminazione si scontra contro formidabili ostacoli politici e giuridici. Il patto internazionale dei diritti umani, a differenza da quanto sostenuto dal partito della Klotz, non costituisce una base giuridica sufficiente a legittimare l'indipendenza sudtirolese. Esso, infatti, vale per quei popoli sottomessi a occupazione coloniale o è stato conquistato con la forza. la questione sudtirolese è stata risolta attraverso un accordo diplomatico tra Austria e Italia, sfociato nella definitiva approvazione dello statuto di autonomia e nella successiva quietanza rilasciata dal governo austriaco.

Alla mancanza di legittimità giuridica, si aggiungono i costi economici che dovuti alla nuova collocazione internazionale sudtirolese. L'Alto Adige dovrebbe provvedere con mezzi propri alla provvigione dei servizi attualmente finanziati dallo stato italiano (uno per tutti: la sicurezza pubblica interna ed esterna) o contribuire al finanziamento dello stato austriaco (nel caso prevalesse l'ipotesi di ritorno all'Austria). Dovrebbe, inoltre, riorientare la direzione del commercio internazionale. Attualmente prevale l'importazione dalla Germania all'Italia, grazie al fatto che i sudtirolesi parlano tedescono, ma vivono all'interno del sistema giuridico italiano. Infine, andrebbero ricontrattate da capo le regole per la convivenza. Per il secondo statuto di autonomia ci abbiamo messo 50 anni. Quanti ce ne vorrebbero per il terzo? Ai costi vanno sommati i rischi di violenze da parte del nuovo gruppo etnico di minoranza.

Tutto ciò vanno controbilanciate le opportunità che vengono dal processo di intergrazione europea ed interregionale, oltre che dalla graduale federalizzazione dello stato italiano.

E' chiaro che quei partiti e esponenti politici che sventolano la bandiera dell'autodeterminazione devono essere in grado di rispondere a tutte queste obiezioni. Altrimenti si dimostreranno solo dei pericolosi demagoghi e populisti truffaldini.

Naturalmente è tutto un altro discorso per il celebre lodo Ferrari.

sabato 10 gennaio 2009

La legittimazione di Hamas

Hamas è universalmente considerata un'organizzazione terroristica. In questi giorni ci viene ricordato ad ogni tre per due.

Il fatto che Hamas abbia vinto delle elezioni, sieda in parlamento e goda di un ampio sostegno popolare renda già problematica la sua categorizzazione come organizzazione terroristica. Ma a metterla ancora più in crisi è proprio la guerra che sta sconvolgendo Gaza. Chi, per sradicare un'organizzazione terroristica, attaccherebbe, indiscriminatamente o quasi, la popolazione civile? L'operazione Piombo fuso non è un'azione di antiterrorismo. E' un atto di guerra.

Uno stato non può dichiarare guerra ad un gruppo di terroristi, perchè la guerra si fa esclusivamente tra uguali. I terroristi si dovrebbero combattere con la polizia. Fargli la guerra significa elevare il loro status da criminali a nemici. I nemici uccidono, ma quando non ci si riesce, allora ci si parla.

In altre parole, è la stessa guerra israeliana a legittimare Hamas.

Il governo israeliano questo lo sa benissimo. E' quindi bene che teniamo in mente che la definizione di Hamas come organizzazione terroristica è una forma di propaganda, finalizzata al raggiungimento degli obiettivi militari e politici di Israele. Ma che può essere sempre messa da parte nel momento in cui la necessità politica e diplomatica lo richiedano e alle cannonate seguiranno (se seguiranno) le trattative.

Scandalizzarsi perchè attori internazionali invitino a dialogare con Hamas è, purtroppo, segno di stupidità politica e un fastidioso retaggio dell'idealismo aggressivo di matrice neocon.

ps. per chi sa il tedesco, ecco un'ottima analisi di Gisela Dachs, da die Zeit.

giovedì 8 gennaio 2009

Caio Giulio Bettino

Mi è capitato tra le mani il Giulio Cesare di Shakespeare. In genere, i drammi del bardo inglese mi piaciucchiano, ma questo mi ha proprio entusiasmato: la politica così come è in tutta la sua spietatezza. E poi lo scontro retorico tra Bruto e Marc'Antonio! roba da cineteca delle tribune politiche.

Era la prima volta che lo leggevo. Avevo però una singolare sensazione di deja vu. Una versione cinematografica? Una versione in prosa per bambini? Mi pareva di no. L'originale plutarchiano? meno che mai. Poi, l'illuminazione!

Certo, perchè la vita e la morte di Giulio Cesare è storia recente d'Italia (o anche: la storia si ripete).

L'ambizione sconfinata, la lunghezza dei cortei di lacchè, i modi decisi, gli aneliti riformisti: il Giulio Cesare di Shakespeare non è altro che Bettino Craxi.
E chi è che lo ha pugnalato? Un oratore raffinato, anche se un po' dialettale, amante fino allo sprezzo del pericolo di giustizia e libertà: Antonio Di Pietro, attivamente coadiuvato da un politico con molto fiuto, uan gioiosa macchina da guerra, che però finisce male abbastanze in fretta. Ma sì, è lui: Achille Occhetto. A vendicare Cesare/Bettino ci pensa un uomo ricco e gaudente, molto farfallone, ma soprattutto capace di concquistare le folle con promesse, contratti, testamenti e giuramenti. Marc'Antonio è Silvio Berlusconi, uguale sputato.

E Cesare Ottaviano? Chi è l'Augusto della politica italiana, bravo, fortunato e ambizioso? Sono giorni che mi spremo le meningi, ma proprio non mi viene in mente uno, bravo, fortunato e ambizioso che un giorno sarà in grado di sfidare Silvi'Antonio. Forse la novità è che non c'è. O che si tratta di un altro dramma non ancora rappresentato in Italia.

lunedì 5 gennaio 2009

Identità e vocazione

E' davvero un periodo strano.

Ho passato quasi 30 anni di vita a costruirmi un'identità, cercando di capire quello che sono e quello che sarò. Ho scandagliato il mio passato alla ricerca degli istanti decisivi della mia storia, dei miei istinti e delle mie pulsioni ancestrali. Ho progettato il futuro, immaginandomi in una molteplicità di ruoli, professionali e sociali, intimi e pubblici.

Di fatto, ho cercato di intagliare la mia identità nella narrazione che andavo sviluppando attorno a me stesso, in costante tensione tra quello che è stato e quello che sarà, spiegandomi a forza di perchè il presente, ma rivendicando anche tutta la libertà possibile per l'avvenire. Io ho sempre pensato di essere quello che ho fatto e quello che avrei potuto fare.

Non è più così. E non lo sarà per almeno un altro anno. Il mio periodo di discernimento vocazionale ha imposto una pausa al racconto della mia vita. E' come se delle pagine fossero state strappate. Non che questa pausa venga fuori dal nulla e non sia destinata a germinare successivamente. Ma è un fatto che non sto cercando una professione, un lavoro cioè che , almeno in parte, mi appartenga. Non sto cercando nemmeno una relazione: non c'è una ragazza con cui immaginare una travolgente e romantica storia d'amore. Non c'è più nemmeno quell'ambizione che mi ha sempre accompagnato di ricavarmi un ruolo nella vita sociale della mia città, creando legami e assumendo responsabilità in gruppi e associazioni.

Nulla di nulla. Sono immobile. Quando mi trovo con amici che non vedo da lungo tempo o ne conosco di nuovi, fatico a trovare una risposta all'inevitabile domanda:"che fai?", che poi spesso significa anche:"chi sei?".

Però, anche se non faccio nulla, sono sempre qualcuno. Ma chi? Questa pausa mi sta costringendo a ridefinirmi. A sbucciare la mia identità, come fosse una cipolla, di tutti i miei attributi posticci, accidentali direbbe forse un filosofo, e scoprire l'essenza del mio io. Sono costretto, a forza, a capire chi sono oltre a ciò che ho fatto e farò.

Con la paura che, oltre a ciò, non ci sia nulla.

venerdì 2 gennaio 2009

Un solo rischio

Fanno sicuramente benissimo i nostri vescovi a metterci in guardia da scelte che comprometterebbero la nostra piena felicità, ad ammonirci quando i nostri comportamenti rischiano di minare la fabbrica sociale, a condannare azioni in contraddizione con la nostra vera natura e, con decisione, a indicarci come ogni uomo dovrebbe essere.

C'è un solo rischio.

Che a fuori di mettere in guardia, ammonire, condannare e indicare, ci si dimentichi della cosa più importante. E cioè che Dio ci vuole bene così come ci ha creati, nonostante i nostri peccati, le nostre imperfezioni e le nostre infelicità. Che non pretende da noi di essere perfetti e senza macchia, ma che - ed è questa la gran buona notizia- attende trepidante di sentirsi chiamare, con una sola semplice parola. Papà.